Benedetto XVI aveva i “lupi”, Papa Francesco ha i “corvi”, che hanno fatto la loro comparsa già durante il pontificato precedente

Allegorie accomunate dal muoversi nell’ombra, per evitare la luce della ribalta e gli occhi vigili di chi osserva: “preda” compresa.

È una settimana che, almeno tra chi si occupa di Chiesa cattolica ed ambienti ecclesiastici, si tende a parlare di quanto rivelato da papa Francesco ai gesuiti slovacchi: il summit per il dopo-Bergoglio di alcuni, pochi, cardinali e presuli. Esiste una continuità storica tra i tentativi di discutere prima che serva del futuro del soglio di Pietro. Anche San Giovanni Paolo II aveva i suoi “avversari” interni. Certo, ipotizzare soltanto di mettere in discussione il pontefice polacco aveva un altro peso. Però in Vaticano non sono troppo nuovi ad ipotesi di “congiure” e simili. Perché, questa volta, il vescovo di Roma ha voluto portare tutto alla ribalta?

Se è vero – ed è vero – che ogni successore di Pietro si è dovuto confrontare con chi rema contro, perché Francesco ha rilasciato quelle dichiarazioni, sapendo che sarebbero balzate all’attenzione delle cronache? La domanda potrebbe essere rivolta pure a Benedetto XVI, con il suo noto “pregate perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”. Quali “lupi”? E perché quel richiamo al non scappare? Due quesiti accompagnano i retroscenisti da più di un decennio ed in misura maggiore dalla rinuncia del tedesco in poi. Forse, il tono ed il contenuto di certe dichiarazioni papali, dipende dal livello raggiunto dallo scontro.

In Santa Sede esistono le cosiddette “correnti”, per quanto ogni Papa le combatta nel nome dell’unità. E se non sono correnti, allora sono almeno diverse sensibilità su come la Chiesa di Roma dovrebbe essere e su cosa bisognerebbe concentrarsi. Ma la dialettica può sfuggire di mano. Come nel caso di un piccolo gruppetto di alti ecclesiastici che decidono di riunirsi per discutere del pontificato del domani mentre il pontefice risulta ricoverato.

Si tratta di una supposizione: Francesco potrebbe aver deciso di svelare il “complotto” per segnalare, dentro e fuori, di avere contezza di un’attività oppositiva. Attività che nel frattempo potrebbe aver superato i limiti dei distinguo dottrinali per virare altrove.

Un altro elemento da considerare, come molti hanno fatto in questa settimana, è quello della mediaticità. Quando un Papa rilascia dichiarazioni ai tempi d’oggi, conosce sicuramente le conseguenze sul piano mediatico. Le “congiure” o i tentativi di metterle in piedi saranno pure sempre esistiti, ma gli strumenti della modernità consentono un’emersione sul piano pubblico mai immaginata prima. La Chiesa cattolica è immersa nei cosiddetti nuovi media, sia sul piano pastorale sia su quello della narrativa rispetto a quanto accade dentro le mura leonine. Bergoglio, questo, lo sa benissimo.

E allora varrà la pena continuare ad ascoltare le parole del pontefice argentino, che potrebbe proseguire con il suo filone di rivelazioni. Bergoglio potrebbe aver deciso di portare alla ribalta quella lotta interna che altri pontefici si sono tenuti per sé o quasi. É il carattere del gesuita, del resto, a suggerire quanto la trasparenza possa essere un paradigma fisso, persino nell’eventualità di congiure e complotti.

Il Giornale

Pubblicato da MOVIMENTO Sacerdoti Sposati

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