Dal caso Orlandi alle dimissioni di Ratzinger, Oltretevere i misteri non mancano

Vaticano e mistero sono stati spesso sinonimi. Le mura leonine si prestano alle storie irrisolte, ma quanto c’è di vero nell’alone che accompagna le grandi questioni che in apparenza sono senza soluzioni? Magari molto del “mistero” è dipeso dai media. Oppure di misteri in Santa Sede ne circolano ancora di più. Il limite invalicabile di un piccolo Stato sito all’interno di un altro grande Stato non si presta troppo alle ricostruzioni. Poi la linea della trasparenza, con Benedetto XVI prima e con Jorge Mario Bergoglio poi, ha contribuito a dipanare il velo.

Eppure di misteri attorno a piazza San Pietro ne esistono ancora. Dal caso Orlandi alla morte di papa Luciani, passando per le dimissioni di Joseph Ratzinger e per il presunto peso specifico di una fantomatica “mafia”: sono vicende diverse, ma accomunate dal fatto di essere state ricostruite a fatica e spesso in modo diverso. Di sicuro sono storie di cui si dibatte.

Queste vicende sono accomunate solo dal luogo di svolgimento. Cercare fattori comuni sarebbe forzato. Le righe scritte su questi “misteri” non si possono contare. Il caso Orlandi risale al 22 giugno 1983. Sono quasi quarant’anni che si parla della figlia scomparsa del commesso pontificio. Per dirla in modo semplice, benché in realtà non lo sia, il caso Orlandi ha accompagnato tre pontificati. Solo la famiglia, il popolo romano e qualche giornalista sembrano intenzionati a non mollare la presa. Anzi, stando a qualche dichiarazione recente, il Vaticano avrebbe persino eretto un muro sul caso. Il fratello Pietro, per l’esattezza ha detto che Francesco ha alzato un muro più alto di quello dei suoi due predecessori. Quasi come se la vicenda della Orlandi dovesse perdere qualcosa in attualità. Perché “Emanuela è in cielo”. Eppure Roma non si rassegna. In questi ultimi anni si è persino scavato: prima all’interno della pertinenza della Nunziatura apostolica, poi all’interno del cimitero teutonico. Tanti ipotetici indizi iniziali, nessunl risultato effettivo. E Papa Luciani? Se non fosse esistito Giovanni Paolo I, con ogni probabilità non avremmo avuto San Giovanni Paolo II, il Papa polacco della difesa dell’identità e della lotta al comunismo.

Dicono che il futuro beato avrebbe voluto fare pulizia in Vaticano. Dicono pure che avrebbe voluto denunciare l’ala sinistra dell’Ordine dei gesuiti. Una deriva dottrinale inaccettabile per l’uomo della “Chiesa madre”. Ora quella corrente ecclesiastica sarebbe finita, dopo più di un tentativo, al potere. “Avrei potuto salvare la vita a Papa Giovanni Paolo I. Non l’ho fatto. E oggi non riesco a perdonarmelo. A qualcuno devo pur dirlo”, ha fatto sapere qualche tempo fa un presunto amico dell’ultimo Papa italiano. Giuseppe Pedullà sembrerebbe allungare un’ombra su quella morte, ma la versione ufficiale è un’altra: un infarto che però non è stato provato da una vera e propria autopsia. Anche se fosse vero, del resto, come si potrebbe ammettere l’uccisione di un successore di Pietro? 33 giorni conditi soprattutto da quella parola, “mistero”, che non ha mai abbandonato la morte di Luciani, che era “molto malato”, ma che continua a fare da soggetto per le inchieste dei più coraggiosi. C’entra qualcosa, come sembrerebbe trasparire da alcune ricostruzioni, il rapporto con Marcinkus? E davvero papa Luciani avrebbe voluto mettere mano allo Ior? Quello che Francesco ha riformato, ma non abolito, com’era invece nelle aspettative dei più ottimisti?

Benedetto XVI si è dimesso per via dell’anzianità. Ora Joseph Ratzinger, per quanto sia emerito, è il pontefice più anziano della storia. Presunte pressioni, complottismi, richieste di commissioni politiche, smentite continuative: dal punto di vista giornalistico la rinuncia di Ratzinger ha fornito tanto materiale. Stupisce che in molti, in specie tra i meno critici dell’azione di Benedetto XVI, non credano alle parole solenni pronunciate in latino nel giorno dell’addio al regno. Una connessione con l’altrettanto indimostrato strapotere della “mafia di San Gallo” in Vaticano? Certo un gesto storico, a cui la Chiesa cattolica, almeno in quella modalità, non aveva mai assistito.

Un alto ecclesiastico che ha preferito rimanere anonimo è la fonte che abbiamo scelto per questo approfondimento. Il beneficio del dubbio non può che accompagnarci nell’ascolto delle varie versioni che ci sono state presentate. Trovare un consacrato disposto a fare luce o ad esibire le sue considerazioni su questi quattro “misteri” non è affatto semplice. Anche perché non è detto che esistano gli elementi per illuminare una serie di vicissitudini che appunto abitano dalle parti del “mistero”. Comunque sia, un anziano consacrato ha risposto ai nostri quesiti senza troppe esitazioni.

La morte di Luciani

Giovanni Paolo I è stato ucciso o è morto per problemi di salute? La prima domanda che abbiamo voluto porre riguarda questa vicenda. La storia della morte di Luciani rimane, almeno a livello cronistico, un grosso punto di domanda che ancora oggi agita molte menti che riflettono su quanto accade in Vaticano. Anche perché Giovanni Paolo I era stato eletto pontefice da poco: 33 giorni. Dalla morte naturale per infarto alla tesi, ritenuta dai più complottista, dell’omicidio: la parola “fine”, al netto di buona parte delle ricostruzioni che propendono appunto per l’infarto del miocardio, non è ancora stata posta. Il nostro ecclesiastico è anche ironico: “Con santa pace per l’Augusto Defunto si potrebbe dire che la sera prima di dormire, le tisane alla camomilla, possono essere molto pesanti”.

Si è ipotizzato spesso che Luciani sia stato avvelenato, magari per via della sua volontà di riformare o di abolire lo Ior, ma non è quello che pensa la fonte: “Ma si tratta appunto di battute prelatizie senza aderenza alcuna col reale – specifica subito l’interlocutore – . All’epoca – aggiunge – ero un giovane monsignore di quarta classe e ricordo sempre il mio breve ma illuminante colloquio con un nipote del Santo Padre, figlio di una sua sorella, specialista in cardiologia…”.

Comprendiamo subito quale sia l’orientamento dell’ecclesiastico, che non crede affatto alla tesi dell’omicidio e anzi, partendo dall’incontro con il nipote dell’ultimo Papa italiano, circoscrive certe circostanze:“Il patriarca di Venezia Albino Luciani avrebbe dovuto celebrare il suo matrimonio, ma non fu possibile non tanto per il conclave, ma perché il Patriarca fu eletto a successore di Paolo VI. Quindi il giovane andò a visitarlo subito dopo le nozze, assieme alla moglie. Alla domanda “zio come stai”, lui si sollevò un po’ la veste ed esibì le caviglie gonfie, segno evidente di problemi cardiocircolatori: “Eh, sto che mi si son gonfiate di più ancora”.

Problemi di salute costanti, che non avrebbero abbandonato Luciani durante il suo breve regno nella Città del Vaticano: “Giovanni Paolo I, oltre ai problemi circolatori, era pure un cardiopatico che si fumava due pacchetti di sigarette al giorno. Insomma, l’infuso serale di camomilla, non c’entra niente, era già indebolito da problemi di cuore”, sentenzia l’uomo che all’epoca era un monsignore.

 

Il caso Orlandi

Emanuela Orlandi è scomparsa nel 1983 e non è mai stata ritrovata. Dal presunto coinvolgimento della banda della Magliana alle telefonate ricevute da San Giovanni Paolo II: tante piste, poche o nessuna traccia. A fare da sfondo ci sono i dubbi sul perché Enrico De Pedis detto Renatino sia stato sepolto presso la Basilica di Sant’Apollinare. Qualcuno ha persino ipotizzato che quel luogo di sepoltura abbia costituito una sorta di “premio” ricevuto da uno dei capi della Magliana per la vicenda della Orlandi. Ma prove non ce ne sono. Per Padre Amorth, invece, il delitto fu “a sfondo sessuale”.

Ma se il mistero che inquieta il Vaticano e Roma fosse destinato a rimanere tale? La nostra fonte, almeno, sembra pensarla così: “Eh, mio caro, temo che morirò senza riuscire a capire se la Santa Sede ha preso dall’Italia o se l’Italia ha preso dalla Santa Sede, giacché nell’uno e nell’altro caso, parliamo di due paesi con misteri irrisolti. Speriamo solo che qualcuno non metta in testa al fratello Pietro Orlandi che la sorella è stata sepolta nelle grotte vaticane dentro la tomba di Bonifacio VIII, altrimenti corrono subito ad aprirla”.

Qualcuno può leggerci un po’d’ironia in questo ultimo passaggio. Il punto è che la nostra “gola profonda” sembra schierarsi dalla parte di chi, in Vaticano, crede che i sacri palazzi non ne sappiano poi molto di questa storia.

A questo punto della conversazione, l’alto ecclesiastico pone qualche accento sul fatto che la Orlandi, essendo figlia di un dipendente della Santa Sede, abbia ricevuto attenzioni diverse da parte dei media e non solo:” Di ipotesi ne possiamo fare tante, ma forse la verità è la meno affascinante per i cacciatori di gossip e di misteri: una delle diverse ragazze sparite agli inizi degli anni Ottanta. Questa però aveva una cittadinanza molto particolare ed era figlia di un dipendente della Santa Sede. Era inevitabile che ne sortisse fuori un implacabile cucito e ricamo. E nel corso di oltre tre decenni, si è udito di tutto e di più”, conclude la nostra fonte anonima.

 

Le dimissioni di Benedetto XVI

Dai presunti complotti orditi dai libdem americani agli altrettanto non dimostrati ricatti subiti dalle autorità del Vaticano: anche sulle dimissioni di Benedetto XVI ne abbiamo sentite di ogni. I cattolici non possono che credere all’ex Papa, che si è dimesso per via dell’età avanzata, creando un precedente nella storia del cattolicesimo. Alcuni tradizionalisti americani hanno persino domandato che venisse aperta una inchiesta sull’ipotesi che la Casa Bianca targata Barack Obama abbia svolto un ruolo per spingere Ratzinger a prendere quella decisione. Anche in questo caso: trattasi di supposizioni, e non esistono prove.

Chi è cattolico, di base, tende a credere a Bendetto XVI. La pensa così anche il nostro alto ecclesiastico: “Più che crederlo, io non lo metto proprio in dubbio. Fisicamente e anche psicologicamente era veramente prostrato, oserei dire sfinito. All’epoca non ero già più cardinale elettore, quindi posso dichiararsi innocente per quanto riguarda il successivo conclave e relativa elezione”. E tutte quelle voci relative alla incapacità del “mite teologo” di Tubinga di gestire gli scandali ecclesiastici?

“Per essere chiari: Benedetto XVI – continua l’interlocutore – è sempre stato uomo di grande spiritualità, profonda e ortodossa teologia, ma non è mai stato un uomo di governo, sin da quando fu eletto arcivescovo di Monaco di Baviera, diocesi di fatto governata dai suoi vescovi ausiliari e dal vicario generale, mentre lui seguitava a fare lo studioso. Altrettando dicasi per la Congregazione della dottrina della fede, dove a governare il dicastero erano gli arcivescovi segretari, lui si occupava solo di teologia. Eletto al sacro soglio, come stretti e diretti collaboratori si è scelto persone non adeguate, a partire dall’allora disastroso segretario di Stato…”. Questa è una vulgata comune in certi ambienti: Ratzinger non sarebbe stato in grado di scegliersi la squadra di governo. E quindi? ” Per forza, in condizioni simili, si giunge infine a ingravescentem aetatem! Il suo atto di rinuncia è stato legittimo, valido e motivato veramente dalle ragioni da lui portate”. La sincerità dell’emerito, in buona sostanza, non è in discussione. 

E poi c’è un’ombra che non si è mai dissolta del tutto. Un’ombra che necessita un passo indietro nel tempo per poter essere scrutata. Siamo poco dopo la morte di Giovanni Paolo II: è in quel momento che un gruppo di porporati capitanati dall’ex arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini inizia a riunirsi dentro e fuori la Città del Vaticano. A parlarne era stato il cardinale belga Danneels, che è poi morto all’età di 85 anni. Qual era lo scopo di questi summit? Presumibilmente far passare certi messaggi progressisti all’interno degli ambienti ecclesiastici e dunque – ipotizzano da parte complottista – favorire l’elezione sul soglio di Pietro di un Papa capace di portare avanti quell’agenda. Il Conclave successivo al decesso del Papa polacco dirà Joseph Ratzinger. Se il “gruppo di San Gallo” – i suoi detrattori chiamano quell’organizzazione anche “mafia” – ha davvero mosso qualche passo per eleggere un Papa sudamericano in prima battuta, allora l’operazione non è riuscita. Ma Bergoglio – come abbiamo appreso dal diario del cardinale rimasto anonimo – è stato davvero contrapposto dai progressisti a Ratzinger durante quel Conclave. Possibile che la “mafia di San Gallo” abbia continuato a cooperare pure durante il pontificato del tedesco? Certo Ratzinger e Martini erano su posizioni diverse, mentre Bergoglio, almeno a conti fatti, è stato abbastanza martiniano nelle sue decisioni.

Il Giornale

Pubblicato da MOVIMENTO Sacerdoti Sposati

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