Giornalisti in saldo?

riforma.it

Un appello per sensibilizzare sul tema del precariato e del futuro della professione e dei suoi lavoratori autonomi e stipendiati

«Le prese di posizione, gli appelli, le misure attorno al salvataggio dell’istituto di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) devono partire da un principio di realtà: oggi due giornalisti su tre in Italia sono precari. Senza contratto regolare, senza tutele e senza diritti. Testate nazionali o editori locali non fa differenza. Carta stampata, Tv, digitale: lo sfruttamento dei collaboratori che oggi reggono la dorsale informativa italiana è dappertutto.

Al default sociale dei giornalisti precari concorre anche la Legge sull’Equo compenso, votata dal Parlamento nel 2012 e oggi ancora lettera morta», a scriverlo è oggi sul sito per la libertà di espressione Articolo 21Mattia Motta. Fotografare una realtà difficile e lanciare un appello sono i propositi. Un appello che appena nato è partito con 600 firme in calce. Crediamo che tante altre se ne aggiungeranno.

Sono spesso precari le giornaliste e i giornalisti che illuminano le periferie del mondo e del nostro paese, prosegue Motta, «che scrivono dalle zone di camorra e delle mafie senza avere copertura di alcuna natura, e alcuna “pubblica garanzia”».

«[…] Quando si parla di giornalisti, di previdenza e quindi di regolarità contributiva (e retributiva) non si può tacere la realtà quotidiana di persone che lavorano 8, 10 ore al giorno con la prospettiva del 31/12, tutti gli anni, da dieci anni. E questo accade a collaboratori, co.co.co, false partite Iva che puntualmente vengono condotte nell’alveo del lavoro dipendente ogni volta. Questo lavoro – prosegue Motta – spesso è portato avanti da persone senza un contratto stabile, senza diritti né tutele.

Precariato e sfruttamento stanno affossando l’Inpgi e anche “la qualità della democrazia” in Italia, come sostiene Agcom nel Secondo Osservatorio sul giornalismo.

Questo appello, nato dal basso da una serie di giornaliste e giornalisti precari, in una notte – una notte – ha raccolto oltre 600 firme. Segno che non siamo soli. Segno che dobbiamo continuare a lottare per la dignità delle persone e del lavoro, per la salvaguardia e l’indipendenza della professione, e quindi di Inpgi. Segno che, oggi più che mai, nessuno si salva da solo».

L’appello e le prime firme.

 Precariato e sfruttamento: dignità del lavoro per salvare Inpgi. Difendere il lavoro per salvare la professione giornalistica. Contrastare il precariato per dare maggiore solidità all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani.

Sono gli obiettivi che si prefigge il Comitato Dignità delle persone, dignità del lavoro, promosso da un gruppo di giornalisti precari con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di dare un futuro di diritti e di certezze a migliaia di giornalisti costretti a lavorare senza alcun riconoscimento e con retribuzioni vergognose.

Il nostro appello è rivolto innanzitutto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché dall’alto del suo magistero richiami il Governo e il Parlamento a rivolgere l’attenzione, con l’adozione di provvedimenti mirati.

Comprendiamo l’appello al Capo dello Stato sottoscritto da illustri colleghi in pensione e alcuni direttori per salvaguardare l’autonomia e la sostenibilità dell’Inpgi.

Oltre che preoccupazione, dai sottoscrittori di quella petizione ci saremmo aspettati, però, coerenza e un po’ di autocritica. Fra loro, infatti, ci sono giornalisti pensionati che continuano a lavorare senza versare i contributi alla gestione principale dell’Inpgi.

Da questo punto di vista, stupisce che chi continua a esercitare la professione, proclamandosi giornalista quando porta in tv esponenti di clan della malavita e artista quando si tratta di pagare i contributi, si preoccupi adesso della situazione dell’Inpgi. Lo stesso discorso vale per i direttori di importanti testate, che utilizzano quotidianamente giornalisti precari, senza porsi il problema dell’esiguità delle retribuzioni e della sostanziale assenza di diritti.

Riteniamo che non ci possa essere previdenza senza lavoro regolare. Per questo ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica affinché sensibilizzi Parlamento e Governo ad affrontare e risolvere il problema del precariato e dello sfruttamento nel settore dell’informazione.

Pubblicato da MOVIMENTO Sacerdoti Sposati

Il blog dei sacerdoti sposati è stato fondato nel 2003. L’accesso ai servizi è riservato agli utenti che sostengono il sito con un libero contributo per le finalità del movimento legato all’associazione di volontariato “Chif – Liberi e solidali” (registrata civilmente). Per informazioni sacerdotisposati@gmail.com