«Il problema della chiesa è legare il potere a questioni di sessualità»

Per il sociologo Josselin Tricou, specialista di questioni di genere nella chiesa, i problemi di pedocriminalità nella chiesa sono legati al rifiuto di affrontare le relazioni di potere e all’assenza della nozione del consenso nella visione della sessualità.

A suo avviso, qual è il senso del vertice sulla pedocriminalità che si apre oggi in Vaticano?

Per la chiesa, che si trova ad affrontare quasi ogni settimana un nuovo caso di abuso sessuale, è un po’ un raduno dell’ultima chance. Questo vertice indica la volontà di andare al di là delle situazioni locali per uniformare la presa di coscienza e le procedure. Il fatto che, fino ad ora, i discorsi tenuti sull’argomento siano stati poco seguiti da effetti, ha aumentato il discredito dell’istituzione. Oggi è in gioco la credibilità stessa della chiesa. La difficoltà deriva dal fatto che i vescovi sono indipendenti nella loro diocesi. Non sono obbligati ad attuare quanto decreta il papa. Inoltre, quelli in carica lo sono da molto tempo. E per anni, la chiesa ha applicato la stessa routine organizzativa. Di fronte a un prete deviante, indipendentemente dalla sua devianza, l’istituzione si limitava a trasferirlo. Molti dei vescovi che si riuniscono oggi hanno applicato questo metodo, non per cinismo, ma perché era quello che si faceva. Riunendoli fisicamente e assicurandosi che odano la stessa cosa, il papa, che ha molte persone contro di lui nell’amministrazione centrale, può sperare di limitare queste disfunzioni locali e queste abitudini.

Perché la chiesa ha tardato tanto a rendersi conto della vastità del problema?

Uno dei freni essenziali alla presa di coscienza della gravità dei fatti è la visione della sessualità e del potere che regna nell’istituzione. All’interno, il potere è sempre concepito come un servizio. I preti sono definiti “ministri”, che in latino significa servi. Questo lessico, come quello della famiglia – si parla di “padre”, di “fratello”, di “sorella” – rende meno evidenti le relazioni di potere. Tanto più che le persone che lo detengono sono percepite come sacre e come sacrificate – dal celibato e dalla povertà. Questo impedisce di vedere che i preti sono persone di potere, e che possono quindi commettere abusi di potere. A ciò si aggiunge lo sguardo della chiesa sulle questioni sessuali, sempre più lontano da quello del resto della società. Nella visione della chiesa, il consenso non è mai stato affrontato come problema. Centrale è la restrizione, poiché la sola pratica sessuale legittima è quella attuata in una coppia sposata stabile, in vista della procreazione. La nozione di stupro, ad esempio, è stata inserita nel catechismo solo molto di recente. E per il clero, la cultura sessuale consiste nella proibizione totale, senza alcuna attenzione allagradualità. Questo fa sì che vengano messi sullo stesso piano la masturbazione e lo stupro di bambini, senza grande distinzione tra i due comportamenti.

Alcuni ritengono che il celibato dei preti spieghi questi abusi…

È una pista di spiegazione sbagliata. Ci sono delle persone celibi al di fuori della chiesa senza che questo ponga problemi. Il problema della chiesa, infatti, è mettere in relazione il potere con questioni di sessualità. Ottenere quel potere ed esercitarlo legittimamente non si fa in funzione di competenze professionali, ma della capacità di essere astinenti o, comunque, di dare l’impressione di esserlo. Quando il potere è legato alla sessualità, è molto probabile che gli abusi di potere si verifichino in questo settore… È per questo, e lo si vede dalle testimonianze di suore che cominciano ad uscire allo scoperto, che non sono solo i bambini ad essere coinvolti. Escluse dal potere, le donne nella chiesa sono anch’esse potenzialmente vittime di quegli abusi. Ciò che è in gioco, è proprio una questione di dominazione. Sulla percezione del bambino, la chiesa non è più in ritardo rispetto al resto della società. La “santuarizzazione” (sanctuarisation) dei più giovani, così come la giudizializzazione degli atti di pedocriminalità risalgono solo agli anni 80 del ‘900. La chiesa non è l’unica istituzione in cui, fino a poco tempo fa, il fatto che un bambino venisse molestato non veniva considerato un grosso problema.

Quale ruolo svolge la cultura del segreto?

La cultura del segreto è molto importante nella chiesa. C’è una fortissima chiusura del clero su se stesso e la divisione tra laici e clero è molto forte. Inoltre, non c’è alcun contro-potere. Di fronte a questa situazione, oggi ci sono due tendenze. Da un lato, si vede la realizzazione, sotto la pressione dall’esterno, di una sorta di società civile. Dei laici osano prendere la parola e interpellare i responsabili ecclesiali sulla gestione del problema. Da un altro lato, di fronte alla de-sacralizzazione dei grandi poteri istituzionali, di cui la chiesa soffre particolarmente, c’è una tentazione di rafforzare la cultura del segreto. Sulle questioni di sessualità, la chiesa porta avanti delle lotte all’esterno, il cui obiettivo è anche quello di far tacere le persone all’interno. L’omosessualità è un buon esempio. La lotta del Vaticano contro la teoria del genere e i suoi sbocchi politici locali, come la Manif per tutti, permettono sia di politicizzare i laici, che di mobilitare i fedeli e di far tacere i preti, in particolare i preti omosessuali, che però sono sovra rappresentati nel clero.

La chiesa può riformarsi su questi temi?

Tutti gli studi seri sui casi di pedocriminalità, negli Stati Uniti, in Australia o in Germania, sono stati fatti al di fuori dell’istituzione. La chiesa è talmente impantanata negli scandali che non può riuscirci da sola. Ha bisogno di quello sguardo critico esterno. Ma fa fatica ad accettarlo perché ha sviluppato una mentalità di fortezza assediata e di tendenza a vedere ogni critica come un’aggressione. La sfida della grande assemblea di oggi è anche quella di accettare di attuare dei contro-poteri completamente indipendenti dalla gerarchia. Una vera rivoluzione per una istituzione nella quale il papa e ogni vescovo, al proprio livello, detengono i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Per lottare contro gli abusi, bisognerebbe che la chiesa adottasse una dissociazione dei poteri ed entrasse in una sorta di cultura democratica. È molto complicato per lei.

La proposta di una commissione d’inchiesta parlamentare è stata rifiutata in Francia. Come lo spiega?

La soluzione del conflitto tra la chiesa e lo stato in Francia in seguito allo choc della Rivoluzione è una sorta di allontanamento reciproco. La laicità, quando si inscrive nella legge del 1905, è una legge di compromesso. Senza dubbio la paura di riaprire la guerra delle due France ha influito su alcuni senatori, sia che fossero dei cattolici o che fossero “atei-devoti” come vengono chiamati, cioè persone non credenti ma impregnate di cultura cattolica. Fare una commissione che avesse come oggetto solo la chiesa equivaleva a riaprire quel vaso di Pandora. Vediamo che nei confronti dell’islam, religione minoritaria, lo Stato si permette di intervenire nelle questioni interne alla religione. Era sicuramente più difficile per il cattolicesimo, religione maggioritaria e fortemente presente nella cultura. C’era la paura di apparire anticlericale e di riaprire tutto l’immaginario legato a questo modo di pensare. Il rischio era anche quello di mobilitare contro il governo tutta quella frangia della popolazione che ha partecipato alla Manif per tutti, cioè persone per le quali qualsiasi progetto legislativo o politico lontano dalla loro convinzione che Francia e cultura cattolica siano consustanziali viene percepito come un attacco. Con il rischio che tornassero a protestare nelle piazze. Alla fine, è stata istituita una semplice commissione di informazione riguardante tutti i luoghi di istruzione ed educazione.

Il fatto che anche l’omosessualità fosse coperta nella chiesa ha avuto un ruolo nel mettere sotto silenzio le questioni di pedofilia?

Nei testi normativi del Vaticano sui preti, c’è un testo famoso che si intitola «Crimen sollicitationis» che si occupa ampiamente degli abusi sessuali dei preti in quanto preti. In quel testo, redatto nel 1922, pubblicato nel 1962, viene definito il crimine di sollecitazione che consiste nel deviare il sacramento della confessione per ottenere favori sessuali da parte del penitente. Ma quel testo precisa che sono assimilati a tale reato altre forme di reati sessuali detti “crimen pessimum”, che sono elencati alla fine: l’omosessualità, la pedofilia e la zoofilia. Soprattutto, tutti e tre sono messi sullo stesso livello. Non si tratta di dire, come fanno persone di destra, che è la sovra rappresentazione degli omosessuali nel clero a spiegare gli abusi di pedofilia. Ma tutto questo rientra in una cultura della confusione e della paura e rafforza le pratiche del segreto attorno alle questioni di sessualità, il che oggi ricade negativamente sulla chiesa, in una società in cui il criterio della buona sessualità è il consenso tra individui. Non bisogna quindi vederci un rapporto diretto, ma si comprende che tutto questo vi contribuisce, e che tutti sono legati dal segreto. Gli uni hanno paura che gli altri rivelino qualcosa su di loro, e questo reciprocamente, anche quando alcune cose non sono dello stesso ordine agli occhi della legge e del modo di pensare secolare: come una relazione consenziente tra adulti dello stesso sesso e la pedocriminalità. È soprattutto per questo che si ha questa impressione, soprattutto dall’esterno, di una moltiplicazione delle dichiarazioni senza che nulla avvenga. Bisognava aspettare che la chiesa distinguesse tutto questo.

In mancanza di una riforma, la chiesa rischia di ridursi a una base sempre più settaria?

In Francia, e più in generale in Occidente, c’è il rischio di passare ad un modello settario in senso sociologico, cioè ad un raggruppamento di fedeli convinti ma in una maniera contro-culturale, anche radicale. Questo rischio è percepito dall’istituzione e c’è una tensione all’interno della chiesa in Francia tra questa logica di affinità e quella del mantenimento del progetto di civiltà parrocchiale aperta a tutti, con una vasta presenza territoriale. Questo rischio sembra abbastanza presente nei discorsi di papa Francesco. Ma la settarizzazione radicale del cattolicesimo non è una fatalità. Dipende molto dal contesto nazionale. Se si considera la reazione al progetto di legge del “matrimonio per tutti”, ad esempio il contesto può avere effetti molto forti. In Portogallo, ad esempio, un paese più cattolico della Francia, le leggi sulle unioni delle stesso sesso sono passate molto più facilmente. Quando il Portogallo è uscito dalla dittatura, la chiesa cattolica ha stretto alleanze con il partito socialista. Ha quindi una tradizione di accettazione del consenso democratico, il che non le impedisce di essere una forza sociale. In Francia, al contrario, dagli anni 2000 il cattolicesimo stringe alleanze molto forti con la destra, una destra che cerca di ridefinire il suo software ideologico, e si assiste ad una sorta di strumentalizzazione reciproca, nel senso che il cattolico identitario impone posizioni politiche conservatrici alla destra e la destra strumentalizza il cattolicesimo come un valore politico, come tratto identitario della nazione.
in www.humanite.fr del 21 febbraio 2019 (traduzione www.finesettimana.org )

Pubblicato da MOVIMENTO Sacerdoti Sposati

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