Seconde generazioni, la sfida d’essere italiani

Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. E qual è la nostra storia, il nostro impegno, i nostri desideri. «Mi chiamo Aboubakar ». «Sono Raisha». «Sono Xin Alessandro Zhang». «Frequento l’ultimo anno di un istituto tecnico». «I miei genitori sono arrivati in Italia a metà degli anni Novanta». «Papà e mamma sono emigrati dalla Costa d’Avorio ». «Mi sono iscritto a scienze politiche ». «Faccio l’infermiera».

Mettere in fila le domande e le risposte per capire e uscire dai pregiudizi, ascoltando le voci delle seconde generazioni: il documentario “Origines”, realizzato nei mesi della pandemia dagli studenti del corso Dams dell’Università Cattolica di Brescia, è un piccolo viaggio dentro il mosaico dei figli di immigrati giunti nel nostro Paese. Storie, volti, impressioni di chi è nato qui e in alcuni casi ancora insegue il traguar- do della cittadinanza. Presentato venerdì a Brescia in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato e della Festa dei popoli cittadina, nasce da un’idea condivisa con l’Ufficio per i migranti della diocesi. «Sono giovani con cui abbiamo costruito in questi anni legami e percorsi di amicizia, pur partendo da percorsi religiosi e culturali differenti» spiega don Roberto Ferranti, direttore degli Uffici dell’area pastorale per la mondialità della diocesi di Brescia.

Nelle storie di questi ragazzi, protagonisti dell’incontro al Cinema Teatro S.Afra della città, si intravedono molti tratti comuni: un legame forte con le proprie origini, il rapporto strettissimo con i propri genitori e insieme un’appartenenza sempre più convinta alla comunità che li ha accolti in Italia, al pari di quella da cui provengono. «A chi mi chiede se mi sento più italiana o marocchina, io rispondo così: sono al 100% italiana, più un 50% marocchina » dice una ragazza nel documentario. Neppure il racconto sottovoce delle discriminazioni subite negli anni sembra aver intaccato la loro fiducia nel futuro: è la conferma che di una società civile più avanti della politica, che cerca anche vie nuove per raccontarsi all’opinione pubblica. «Conoscere questi percorsi ci fa bene – sottolinea don Roberto – e ci spinge come chiede il Papa a immaginare un “noi” sempre più grande».

La parlata bresciana delle seconde generazioni di immigrati dice più di ogni altra cosa vuol dire “sentirsi italiani” oggi e fa apparire lontanissimo il dibattito sulle condizioni necessarie per ottenere la cittadinanza: il percorso di studi accomuna già centinaia di migliaia di ragazzi in tutta Italia, in molti casi sta dando risultati positivi ed è un altro grande segnale di buona integrazione, che può aiutare a sconfiggere i sentimenti di indifferenza e in qualche caso di ostilità purtroppo (r)esistenti. Resta la sfida di far uscire questi temi dalla stretta cerchia degli addetti ai lavori, sapendo veicolare bene, anche nelle diverse comunità straniere, le esperienze d’avanguardia che ci sono e vanno valorizzate.

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Pubblicato da MOVIMENTO Sacerdoti Sposati

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