GIORGIO AGNISOLA Avvenire
Raramente consideriamo quanto lo sguardo rappresenti non solo un ordinario canale di conoscenza, ma anche una straordinaria risorsa umana, da coltivare ed affinare anche in chiave spirituale e teologica. Soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo, in cui la mascherina nasconde gran parte del volto e lascia liberi di fatto solo gli occhi.
Guardare, un bel libro da poco uscito, di Emanuela Mancino e Monica Quirico (Cittadella), approfondisce la dimensione dello sguardo focalizzandone aspetti fondanti: il senso del vedere in relazione alla vita personale e sociale e le sue relazioni con la fede. Il saggio della Mancino muove dalla definizione di sguardo «come gesto che riconduce a un senso di distanza»: distanza che occorre imparare a colmare interrogando la vita e soprattutto lasciandosi interrogare. L’autentico guardare «costruisce un sapere tutt’altro che distante. È un sapere che soppesa il proprio stare in relazione alle cose, al tempo vivo, all’attenzione». Guardare, scrive la studiosa, è pensare e stare al mondo sentendosi presenti, ossia «mettersi in ascolto». Ne deriva che lo sguardo è soprattutto sentire, sentire con gli occhi e curare il proprio vedere, farne una via di autentica partecipazione: «Lo sguardo si fa attento quando at-tende, e non quando pr-tende; quando accoglie e impara a ricostruire relazioni nascoste tra le cose: quando guardare diviene declinabile in azioni dinamiche di riattivazioni del sentire e del sentirsi». Quel sentire con gli occhi che è appunto un modo di ascoltare, «di prestare attenzione perché accada la visione, perché si dia l’avvenire dell’incontro, perché si produca vita dal dischiudersi e dal sentire». Monica Chirico invece approfondisce il senso del guardare in relazione alla Parola: «Chi vede me, vede colui che mi ha mandato», scrive Giovanni. Dunque nel Vangelo vedere è credere, avere consapevolezza dell’evento della Rivelazione. In realtà, sottolinea la Chirico, «la scrittura è un invito costante e appassionato al guardare, contemplare le meraviglie di Di». «Guardare il volto di Gesù e in Lui guardare il volto dell’altro uomo e inversamente, guardare il volto dell’altro uomo e in lui scorgere Gesù: si tratta qui dell’originalità della fede cristiana». Che si rappresenta quasi tattilmente nella liturgia della Chiesa. In cui guardare è guardare Dio nella intensità di una partecipazione corale, di una condivisione, in cui gli sguardi si incontrano in un unico sguardo attorno alla mensa. È in questo contesto, afferma la studiosa, che si coglie il significato della liturgia della luce, che consente di «essere guardati e rinnovare, celebrando, l’attesa dello sguardo». Non è dunque il guardare un semplice atteggiamento e neppure un’espressione contemplativa, è un’azione: Per un cristiano guardare è «mettersi in viaggio attraverso paesaggi e paesaggi umani differenti; è un invito a visitare le esperienze e contemporaneamente a cercare, oltre la visione, quella dimensione Altra che ci visita e ci fa percepire ciò che l’occhio immediatamente non vede».
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Emanuela Mancino, Monica Quirico
Guardare
Cittadella. Pagine 130. Euro 12 ,50